Maugham W. Somerset - 2001 - Acque morte by Maugham W. Somerset

Maugham W. Somerset - 2001 - Acque morte by Maugham W. Somerset

autore:Maugham W. Somerset [Maugham W. Somerset]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788845916137
Google: t6q0zIbdS7oC
Amazon: 8845916138
editore: Adelphi
pubblicato: 2001-01-01T23:00:00+00:00


20

Per la casa di Frith c’erano circa tre miglia, e ci andarono con una vecchia Ford. I due lati della strada erano fitti di alberi enormi, con un folto sottobosco di felci e rampicanti. La giungla cominciava alla periferia dell’abitato. C’erano qua e là capanne miserabili. Malesi cenciosi se ne stavano in veranda, e bambini giocavano svogliatamente tra i maiali sotto le palafitte. C’era un caldo umido, afoso. La piantagione era appartenuta in passato a un perkenier, e aveva un ingresso a stucchi, massiccio ma cadente, di linea gradevole; sull’arcata c’era una targa col nome dell’antico proprietario e la data di costruzione. Presero una strada di terra battuta, e sobbalzando tra buche, solchi e gobbe arrivarono al bungalow. Era un grande edificio quadrato non su palafitte, ma su fondamenta in muratura, coperto da un tetto di foglie di palma e circondato da un giardino incolto. Si fermarono, l’autista malese suonò vigorosamente il clacson. Dalla casa uscì un uomo e li salutò con un gesto. Era Frith. Li aspettò in cima alla scaletta della veranda, e quando salirono ed Erik li presentò strinse la mano a tutti.

«Lietissimo. Non vedo inglesi da un anno. Entrate a bere qualcosa».

Era un omone, piuttosto grasso, con i capelli grigi e baffetti grigi. Stava diventando calvo, e aveva una fronte imponente. Il viso, rosso e lustro di sudore, era tondeggiante e privo di rughe, e a prima vista lo faceva quasi sembrare un ragazzo. Un lungo dente giallo gli traballava in mezzo alla bocca, e pareva che bastasse uno strattone a farlo venir via. Portava un paio di short cachi e una maglietta da tennis aperta sul collo. Zoppicava vistosamente. Li guidò in una vasta stanza che fungeva da soggiorno e sala da pranzo; le pareti erano adorne di armi malesi, di palchi di cervo e di corna di seladang. Sul pavimento pelli di tigre, un po’ logore e ammuffite.

Al loro ingresso un minuscolo vecchietto si alzò da una poltrona e stette a guardarli, senza muovere un passo. Grinzoso, curvo, consunto, sembrava decrepito.

«Questo è Swan» disse Frith con un distratto cenno del capo. «Mio suocero».

Il vecchio aveva occhi di un celeste pallido, con palpebre arrossate agli orli e senza ciglia, ma pieni di furbizia, e il suo sguardo era guizzante e maligno come quello di una scimmia. Strinse in silenzio la mano ai tre stranieri, e poi, aprendo una bocca sdentata, parlò a Erik in una lingua che gli altri non compresero.

«Mr Swan è svedese» spiegò Erik.

Il vecchio li guardò uno dopo l’altro, e c’era nella sua espressione una certa diffidenza e al tempo stesso una malcelata canzonatura.

«Sono venuto via cinquant’anni fa. Comandante in seconda di un veliero. Non sono mai tornato. Forse l’anno prossimo».

«Sono anch’io un uomo di mare, signore» disse Nichols.

Ma Mr Swan non gli badò.

«Ho fatto quasi tutto, ai miei tempi» proseguì. «Anche il capitano di una goletta per il traffico degli schiavi».

«La tratta dei neri» interruppe Nichols. «Con quella c’era da rimediare dei bei quattrini, ai tempi».

«Sono stato fabbro. Mercante. Piantatore. Non so cosa non sono stato.



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